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È TUTTO UN MANGA MANGA (Intervista a Roberto Corradi e Maurizio TheHand Di Bona)

Quando ero piccolo passavo tantissimo tempo dai miei nonni.
Ero fortunato, perché avevano una bella villettina con un grande giardino e persino l’orto.
Alle quattro del pomeriggio merenda con delle ricette inventate da loro per evitare che mangiassi schifezze. Il più delle volte era pane bagnato con dello zucchero, ogni tanto la Nutella, quando non la rubavano quegli infami dei miei cugini e una spremuta di arancia. A me interessava però guardare i cartoni animati, non tanto ingurgitare dolci e snack ipercalorici.
C’erano Mazinga, Voltron e quel parruccone di Megaloman. Le reti private avevano fatto incetta di cartoni animati giapponesi dopo il successo di Goldrake e Heidi.
Purtroppo dovevo combattere con mia nonna che pretendeva a una certa il telecomando: aveva appuntamento con Veronica Castro, che io detestavo e speravo venisse rapita dalla Regina Himika, la villain della serie Jeeg Robot d’Acciaio.
Non ho mai visto il finale di nessun episodio, perché dovevo cedere il passo ad “Anche i Ricchi piangono” però ricordo che li disegnavo sull’ Agenda della Banca e mia nonna si arrabbiava perché consumavo una marea di fogli.
Tra i suoi appunti, numeri di telefono ed elenchi facevano capolino dei robot inventati da me.
C’era quello messicano che avevo chiamato Luis Miguel e che lanciava nachos radioattivi pronti a distruggere Gundam e i suoi compari.
Una serie di Robot con sembianze femminili che ricordavano le ragazze della trasmissione Drive in e infine il mio preferito: “Mazinga Orto” costruito con frutta e verdura tossica, ma letale solo per gli alieni invasori.
Sono andato avanti per anni poi la banca ha smesso di regalare le agendine ai miei nonni e io non sapevo più come fare. Certo avrei potuto usare i miei quaderni, ma volete mettere una guerra contro una lista della spesa?

È tutto un Manga Manga è un libro scritto da Roberto Corradi e illustrato da Maurizio theHand Di Bona.
Un viaggio alternativo e semiserio nel mondo dell’animazione robotica giapponese.
C’è tutto quello che avrei voluto sapere sui Daitarn e soci. Non minuziose schede tecniche su armi e meccanica, ma storie vere, di quello che accadeva all’interno delle cabine di pilotaggio, dei caratteri strampalati dei loro conducenti, di vizi e virtù.
Poi c’è la prefazione di Piero Pelù, mica bruschette.
Ecco cosa ci siamo detti a debita distanza.

è tutto un manga manga

Il primo capitolo del vostro libro è dedicato a Boss Robot, anche voi come i giapponesi siete più appassionati ai perdenti?

Roberto: «Perdente “Boss Robot”? Ma ti rendi conto che tutto quello che fa, viene comandato con un volante e tre leve? Neanche un telefono di ultima generazione può tanto. Poi, il fatto che venga costantemente bastonato è secondario rispetto al suo continuo e incessante risorgere! »

Maurizio: «Boss Robot fa bella mostra di sé anche in copertina, in quanto prima bozza che ha fatto da “detonatore creativo” per l’intero progetto, il che già lo esclude dal novero di qualsivoglia categoria di perdenti. E’ l’emblema della diversità, dell’imperfezione, dell’improbabile, oltre che dei casini, che non può non suscitare simpatia e affetto incondizionato. Se per i giapponesi vale lo stesso vuol dire che abbiamo parità di vedute. »


Mazinga Z, Boss Robot, Il Grande Mazinga secondo voi possono essere definiti come il buono, il brutto e il cattivo?

Roberto: «No. Però non so se la volevi più articolata di così…»

Maurizio: «Nessuno dei tre è cattivo e credo finirebbero ben presto da un analista se dovessero armeggiare solo con una pistola a tamburo. Se proprio devo immaginare dei ruoli di genere vestirei Il Grande Mazinga come Don Chisciotte e Boss Robot come Sancho Panza. Mazinga Z lo nascondiamo in un saloon per non dovergli mettere le briglie e sellarlo.»

Roberto, nel libro ammetti di non aver mai visto gli episodi finali dei cartoni animati, a parte la piccola Flo. Quindi non sai che fine ha fatto Candy Candy?

«Probabilmente è diventata parlamentare eletta con i 5 Stelle oppure è negli oceani, a salvare le balene. Qualunque cosa faccia, immagino abbia cambiato la pettinatura. Più che altro, lo spero.»

Parliamo di Daitarn 3. Ma è Daitarn o Daitan? Io ancora non lo so pronunciare.

Roberto: «E’ Daitarn che si pronuncia Daitan. Ci sono delle parole che scrivi in un modo e pronunci in un altro. Come Sanremo che dici SanDremo, però in questo caso devi essere Bruno Vespa e la pronuncia è l’ultimo dei tuoi problemi.»

Maurizio: «Mai risposta poteva essere più esaustiva di quella appena data da Roberto.»

Quello che succede in Daitarn 3 rimane dentro Daitarn 3, un po’ come a Las Vegas. Quindi è vero che Haran Banjo, Beauty e Reika erano degli zozzoni?

Roberto: «Hai voglia! “Noi siamo un trio all’erta e pieni di brio!” Il livello ormonale dei tre è alle stelle. Lui con quei capelli da allupato e le due gnoccolone con quelle minigonne che sono, praticamente, solo cinte un po’ più larghe.»

Maurizio: «Mah, zozzoni… lo spirito del/di Daitarn 3 è spudoratamente dionisiaco e goliardico con l’energia solare che carica certi istinti e fa ribollire il sangue. Non faccio fatica a immaginare, e di conseguenza non ne farei a disegnarle oggi, certe situazioni e intrecci già allora intuibili, evidenti, palpabili…»

è tutto un manga manga autori

TriderG7 era noioso, Daltanious aveva bisogno di un gattone per vincere, Gordian era una specie di Matrioska. Possiamo dire che è stato Jeeg a cambiare le regole dei Robot?

Roberto: «Sì, questo sì, è vero. L’arrotolamento capocciale di Hiroshi ha spostato molto sulla personalizzazione del robot. Sai quando si dice che il cervello di una macchina è l’uomo? Con Jeeg è proprio vero, la testa è il pilota arrotolato. Chissà come andava quando si srotolava…»

Maurizio: «Laddove tutte le trasformazioni dei robot, quelli belli grossi e dannatamente pesanti, avevano sempre incongruenze in termini di volumetrie, meccanica articolare e proprietà della materia, la componentistica colorata ad aggancio magnetico di Jeeg resta la più elementare e a mio avviso la più bella, anche ripensando ai “Jeeg fasulli” altresì denominati Micronauti. Certo, corpo di Hiroshi raggomitolato a parte, la cui comprensione presuppone l’interruttore della logica tenuto su “off”.»

“Miwa lanciami i componenti” è un po’ come dire “Moglie è pronta la cena?”
I Robot anni 80 erano un po’ maschilisti?

Roberto: «Tantissimo. Pensa solo ai robot con connotati femminili che dovevano lanciare le poppe. Perché Mazinga non lanciava… i gioielli di famiglia. Il mondo è un posto maschilista. E questo solo perché le donne sono migliori, slancio avallabile dalla doppia caratteristica che non fanno guerre e non sono calve.»

Maurizio: «Sul tema specifico credo di aver visto anni fa un documentario in cui vari disegnatori giapponesi si pronunciavano e spiegavano – motivandole - certe scelte…il guaio è che ora non mi sovviene cosa dicessero esattamente. Cioè, una volta che potevo rispondere con cognizione di causa…niente. Buio totale. E’ che da un po’ di tempo a questa parte dormo poco. Posso cavarmela dicendo che anche quei robot erano specchio dei tempi?»

Gackeen è il primo robot che ha dato spazio alle donne come protagoniste e non come accessori. Un maschio che si fondeva con una femmina. Possiamo definirlo un’ermafrodita?

Roberto: «Sì, possiamo farlo. Ma assicuriamoci di essere in un luogo sicuro, lontani da fanatici dei robot o delle identità sessuali.»

Maurizio: «In effetti l’unica cosa che ricordavo di Gackeen mentre lavoravo al libro era la strofa in cui è sintetizzata la sua genesi: “la donna è più dolce ma sa anche soffrire e l’uomo è più forte ma sa anche morire ma uniti fanno una creatura più forte che mai”. Di come fosse fatta la carcassa, a parte i favi al posto dei quadricipiti, non ricordavo nulla.»

La sua linea non è un granchè. Sembra che abbia la “merlite”. Maurizio qual è secondo te il robot esteticamente più bello?

«Se dico Gundam, risulterei scontato, per cui non lo dico anche se ormai l’ho detto. Provo allora a sparigliare un po’ le carte dicendo che restavo sempre affascinato dalle metamorfosi dei Megaborg in Daitarn 3. Anche quelli che a tanti apparirebbero esteticamente improponibili a me parevano sempre bellissimi e ben riusciti.»

I leoni di Voltron avevano la lettiera o erano liberi di farla ovunque?

Roberto: «Penso ovunque. E adesso gli scienziati la chiamano “asteroidi”.»

Maurizio: «I leoni facciano e la facciano dove vogliono, ma io ricordo che l’argomento esteso a tutti poneva interrogativi da scompisciarsi per noi bambini, ma mica tanto da ridere per questi paladini della giustizia cosmica, condannati ad essere sempre pronti e operativi, perché la minaccia dallo spazio era sempre in agguato. Ma al cesso quando ci andavano?! E se Vega o chi per lui avesse attaccato proprio nel mentre?!»

Protcon Wc TheHand


Meglio la quarantena dentro Venus o in un Camper Transformer?

Roberto: «Dentro Venus. Passando da dove, però. E’ importante chiarire questo.»

Maurizio: «Posso optare per una terza possibilità visto che dentro Venus c’è già Roberto e che ho paura di restare maciullato nelle lamiere mobili dei Transformers? A casa di Koros con qualche bottiglia di vino e Don Zauker chiuso a doppia mandata nello scantinato.»

Danguard assomigliava alla lucidatrice di mia nonna. Se dovessi disegnare un nuovo robot a quale elettrodomestico moderno ti ispireresti?

Maurizio: «Mah, di elettrodomestici che suggeriscono robot francamente non ne vedo. Piuttosto quando aspetto che esca il caffè, il corpo della moka dà più di un’idea di cosa potrebbe venir fuori se si aggiungessero arti di un certo tipo e una testa con delle corna da paura.»

Megaloman più che un robot era una gattara gigante. Tu l’hai definito un incrocio con Donatella Rettore. È forse lui l’icona punk dei cartoni animati anni 80?

Roberto: «Senza dubbio. Gli anni ’80 si ricorderanno per l’opulenza, la corruzione della politica (come se adesso… ) e la fierezza con cui si indossavano capi d’abbigliamento per cui oggi sarebbero previste delle pene detentive da 6 mesi all’infinito. La sindrome dell’abbigliamento militare, ogni tanto viene rinnovata. Michael Jackson, Dario Salvatori, Gheddafi. No, no, Gheddafi non era un militare, era un feroce dittatore. L’abbigliamento militare era anacronistico anche in quel caso.»

La prefazione del libro è firmata da Piero Pelù, che per anni è stato confuso con il cantante della sigla di Jeeg Robot d’Acciaio. Come lo avete convinto?

Roberto: «Ci ha pensato Maurizio. Lui può arrivare da chiunque, ovunque. Quando avrai finito di pubblicare la nostra intervista, controlla anche a casa tua…TheHand potrebbe essere nel tuo salotto.»

Maurizio: «Pelù è un grande ed ha risposto con disponibilità all’invito. Complice la questione mai abbastanza chiarita – le leggende metropolitane sono dure a morire – a cui fai riferimento, quando ho incrociato alcune bozze di Jeeg e di Hiroshi con altre di Piero, mi è sembrato naturale mostrargliele e chiamarlo direttamente in causa affinché impreziosisse ed imprimesse ulteriore forza al lavoro.»

Piero Pelù Jeeg Robot The Hand


Ma voi siete stati in Giappone?

Roberto: «No. Io però vado spesso ad Avezzano, in Abruzzo. Ogni tanto anche nelle Marche, ma non sono pratico della lingua.»

Maurizio: «Ancora no e non vedo l’ora. E’ nella lista delle cose da fare quando lo sciaguravirus restituirà a tutti una vita normale.»

Se i robot di Go Nagai fossero nati in Italia a che partito sarebbero appartenuti?

Roberto: «Anche le ruspe sono dei robot. Poi… vedi tu.»

Maurizio: «Partiti di quegli anni quindi? Mi torna in mente il giochino associativo analogo che faceva Francesco Nuti in Caruso Pascoski con gli insaccati…forse tutti radicali in quanto colorati e impegnati in continue battaglie diversamente “non violente”. Anche l’acronimo conferma, Partito Robot.
Escluderei DC, PCI e PSI perché ce li vedo poco a fare i cerchiobottisti o cincischiare in politichese con il nemico di turno.»

Che rimanga fra noi. Qual è il robot che proprio non sopportate?

Roberto: «Mazinga Zeta. Per carità, tanta stima e onore alla sigla che è un pezzo strepitoso. Ma quelle antenne dritte e quell’ “Aliante slittante”… ma che è ‘sta burinata?»

Maurizio: «Di insopportabili tra quelli trattati non ne vedo nel mirino. Mal digerisco però le loro versioni moderne, su tutte il Jeeg supercazzuto, pieno di spigoli aguzzi come un cardo esploso»

Maurizio, ma un Mazinga con i baffi a manubrio me lo disegni o devo chiedere a Tetsuya Tsurugi d’intercedere per me? :-P

«Fatto!»

Mazinga Moustache

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Illustrazioni: TheHand ©

Gtvb