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TOKYO HA I BAFFI

Appena arrivi in Giappone puoi fare subito due cose: elevare lo spirito in un tempio o delirare in mezzo ai mille negozi.
Puoi scegliere se essere un asceta confinato nel vuoto esistenziale o uno shopaholic senza ritegno.
Ed eccomi nel triangolo più pericoloso al mondo: Harajuku/Omotesando/Shibuya.

Qui puoi trovare l’essenza della trascendenza al tempio Meiji o trasformarti in una mutandina rosa con i panda in uno dei negozi della Takeshita Dori, la via delle lolite.
Puoi salvare ricci e conigli sfruttati nei bar come intrattenitori oppure fermarti a contemplare una sposa fra alberi e monaci shintoisti.

Ma partiamo con calma.
Il mio viaggio aereo è stato abbastanza tranquillo (clicca QUI per le turbolenze) e stanotte ho dormito 12 ore.
Oggi, prima di uscire, volevo godermi la casa di Mia san.
Finalmente mi sento un vero cittadino di Tokyo: ho il bagno piccolo, la lavatrice sul balcone, invento stratagemmi per stendere i panni, ho il caffè e i biscotti al the verde, che ricordano l’alito di una capretta di montagna.
Ho persino un detersivo al profumo di rose e la televisione. Manca il forno, ma solo perché lo spazio non lo consente, ma alla fine che me ne frega di cucinare pizze e torte salate, preferisco ubriacarmi di soia e diventare iperteso.

Ieri veniva giù tanta di quell’acqua manco fosse la stagione delle piogge, oggi invece c’è un sole pazzesco.
È un attimo prendere il raffreddore in Giappone. Per fortuna nelle Vending Machine ci sono succhi vitaminici che consentono di riprenderti in un nano secondo. Gli ingredienti sono segreti, forse lo stakanovismo e l’eccellenza nipponica sono racchiusi in queste boccette dal gusto un po’ stucchevole.

Eccitato come un bambino al Luna Park ho dimenticato a casa il cellulare. Navigo a vista. Prima o poi la troverò una Metro.
Abito a Nishi-Shinjuku, un quartiere particolare di Tokyo. Gli hotel si mescolano a grigi grattacieli che fanno ombra ai piccoli sobborghi che venerano come Dio il grande Palazzo del Governo.

Palazzo del governo Tokyo
In venti minuti puoi arrivare a Kabukichō, in 7 minuti ai confini di Nakano.
Nishi-Shinjuku è la compagna di classe più timida, quella che nessuno vede, ma quando guardi le foto di classe ti accorgi che è una delle più carine.

Prendo la Yamanote Line direzione Harajuku.
Chissà la mia ex compagna di viaggio come sarà invidiosa. (cliccate QUI se volete rinfrescarvi la memoria), ma anche da lontano mi perseguita con la sua ossessione compulsiva per lo shopping.
Prima di partire mi ha lasciato nella tasca una lunga lista di cose da comprare.
Il problema è che non so cosa sia la shopping bag dei Little Twin Star. Non posso neanche cercarli su Google, perché non ho il telefonino. Dovrò domandare alle fanciulle che prendono d’assalto Harajuku.
D’altronde qui è la fiera dell’accessorio. Puoi trovare di tutto. Dal decoro in 3D per le unghie alle ciglia finte, dallo zaino di peluche al reggicalze da uomo fluorescente.

Harajuku shopping

Il problema di Tokyo è che cambia velocemente. E fra un viaggio e l’altro i tuoi punti di riferimento svaniscono.
Il negozio dove la Piera aveva lasciato un rene e che vendeva abiti per le fate del bosco ha chiuso, quello con tutte le magliette anni 80 di una nota marca americana pure. E ora cosa faccio? Io volevo godermi un momento amarcord e rivivere le mie avventure da lolita neofita, invece mi tocca resettare i miei ricordi e imparare cose nuove.
L’unico negozio che resiste alle velocissime tendenze nipponiche è quello degli abiti da visual kei, che è uno stile musicale autoctono che mischia il dark, il punk e lo zucchero filato. Le commesse di questo posto non vogliono che si fotografi nulla, se entri ti guardano con disprezzo e il famoso Omotenashi, lo spirito dell’ospitalità giapponese, va a farsi fottere.

Visual Kei
Camminare per la Takeshita Dori è un dovere di tutti quelli che visitano Tokyo.
I profumi delle crepes si mescolano a quelli dei popcorn e degli abiti sintetici. Il tuo cervello improvvisamente diventa glitter e alla fine della strada ti ritrovi con in mano dei sacchetti pieni di stronzate inutili, ma bellissime.
Senza neanche accorgermene ho acquistato un porta monete degli Orsetti del Cuore, degli auricolari di Doraemon, un anello a forma di testa di Hello Kitty e una maglia con scritto zingaro.

Tokyo Zingaro

Devo trovare qualcosa di famigliare che mi riporti indietro nel tempo.

Il Design Festa è il posto giusto.
Nel cuore di Harajuku c’è questa casa a due piani dove artisti, stilisti e fotografi sono invitati a sviluppare e mostrare i loro talenti al mondo.
È un luogo creativo che mi da pace. Forse anche grazie al bar esterno e al ristorantino di Okonomiyaki, forse perché mi ricorda le lunghe chiacchierate con la mia amica Alice, forse perché è un punto fermo di Harajuku.

Questa volta c’è una ragazzina molto giovane che espone i suoi quadri. Parla con le sue amiche e con una improbabile insegnante.
La sua opera è frutto di qualche brutta avventura di bullismo o di un animo perverso.
Eccola:

Design Festa Tokyo

Mi guardano e fanno il gesto dei baffi sulle labbra.
E poi si mettono a ridere.

Mi accorgo di essere diventato una sorta di buffa “baffa” opera d’arte vivente, in qualsiasi stanza io entri c’è qualcuno che fa il gesto dei baffi.

Ma il tempo stringe, meglio puntare su un’altra confort zone.  Andiamo ai Magazzini LaForet.
Questo posto è considerato l’utero da dove nascono tutti i trend giapponesi.
È il faro di Harajuku.
Un palazzo cilindrico che sforn,a come un panettiere impazzito, qualsiasi cosa.
Questo è un consiglio: se volete essere veramente all’avanguardia, bruciate il vostro armadio e poi venite qui.
LaForet non vi deluderà mai!

Prima di affrontare il prossimo negozio faccio merenda con una tempura.
Dopo aver realizzato che digerirò fra 14 ore mi affretto verso Kiddyland, il regno dei bambini ricchi di Omotesando.
Dio sia lodato, finalmente un po’ di giocattoli e commessi super disponibili.

“Scusate sto cercando il famoso e introvabile Bear Brick di Mazinga”
“Eccolo!”

Bear_Brick_Mazinger

“Avete per caso la rara cover dell’IPhone ricoperta di riso?”
“Eccola”

Cover iphone riso

Devo metterli in difficoltà.

“Per caso nei vostri fondi di magazzino avete una Audrey Hepburn vestita come nel film Vacanze Romane?”
“Certo”

Vacanze romane 

Allora è vero! In Giappone i sogni si avverano!
Dopo circa 39 ore mi hanno dovuto trascinare via…perché stavo parlando con Korilakkuma, l’amico albino dell’orso pigrone Rilakkuma.

Voi lo sapete il segreto di Rilakkuma? È un orso “abitato”.
Pare che dentro ci viva qualcuno. Ma nessuno sa chi è. Viene sempre raffigurato con una cerniera sulla schiena e ogni tanto la sua pelle è stesa ad asciugare da qualche parte, ma ripeto, nessuno conosce il misterioso personaggio che muove questo paffuto e apatico orsetto.
Posso solo dirvi che il nome Rilakkuma nasce dalla fusione della parola “relax” e “kuma” che in giapponese significa orso. Secondo dentro me c’è un narcolettico, ma solo la Sanrio e la regina Hello Kitty conoscono la verità.

Kiddyland 

Fare shopping a Omotesando è impossibile, troppi negozi chic, ho bisogno del delirio di Shibuya.
Voglio accarezzare di nuovo Hachiko, che ormai a furia di essere toccato si sta trasformando in un simpatico chihuahua. :-P

Anche qui ho perso i miei punti di riferimento. Il piccolo bar dove compravo i panini al formaggio non esiste più, il negozio di cappelli scomparso.
Mi sento come Hansel senza Gretel, come Cip che piange sul cadavere di Ciop.
Anche  il Sushi Bar dove andavo con  la Piera è stato sostituito da un altro ristorante tutto automatizzato, dove i temaki e il sashimi sono serviti da vassoi che viaggiano su monorotaie.

Sushi bar automatico Shibuya
Shibiuya esplode davanti a me.
I suoi centri commerciali sono matrioske di brand sconosciuti, le vie sono mondi che hanno dentro mondi che hanno dentro mondi.
Tutto quello che pensavi di sapere di Shibiuya svanisce nel negozio successivo.

Shibuya
Mi sento solo.

E mentre sperpero i miei ultimi yen in sala giochi ecco avvicinarsi un ragazzo con due amabili fanciulle.

Tutti e tre fanno il gesto dei baffi.
Ma perché mi sfottono?
Dio è proprio un paese di bulli scortesi.

“Konbanwa”

Sorrido un po’ infastidito. Non vedi che sto cercando di prendere un peluche con queste cavolo di macchinette, che sono una truffa bella e buona.

“You live in Japan?”
“No”
“You stay in Japan?”
“Più o meno”
“Uen?”
“Cosa?”

Abbiamo iniziato a parlare come fanno i bambini di 2 anni. Con gesti, pianti e sorrisi.

“Cà uid mi”
“Perché dovrei venire con te?”
“Cà uidi mi Brando!”
“Non mi chiamo Brando. Poi la mia amica giapponese non vuole che io dia confidenza agli sconosciuti”
“Cà uid mi”
“Vengo solo se mi dici dove posso trovare la shopping bag dei Little Twin Star per la mia amica Piera”
“Cà uid mi”
“Ok. Io vengo, ma attento che sono armato. Ho un coltellino di Sailor moon nascosto nella tasca segreta del borsello dei My Little Pony”

Siamo finiti davanti alla statua di Hachiko, dove c’era una sorta di direttore creativo che stava cercando modelli occidentali barbuti.

Il brand si chiama Unused.
E per un attimo Shibuya mi ha fatto il gesto dei baffi.

Gtvb



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